La didattica a distanza attraverso gli occhi di un’insegnante

 

Prima di due anni fa e dell’inizio della pandemia di Covid, parlare di didattica a distanza era quasi come parlare di fantascienza. Ma oggi questo metodo di insegnamento è diventato realtà, nonché la principale modalità per garantire il diritto all’istruzione anche a chi è sottoposto all’obbligo di quarantena.

L’utilizzo della cosiddetta DAD ha però subito numerose e travagliate fasi: le polemiche che ne sono scaturite ha fatto sì che questa scelta di didattica non sempre fosse recepita positivamente dalla popolazione. Le difficoltà che hanno coinvolto gli studenti, dall’aspetto logistico a quello relazionale, sono sempre state poste in primo piano come principale criticità di questo metodo.

La DAD e il punto di vista di un’insegnante di sostegno

In occasione della giornata mondiale degli insegnanti, vogliamo concentrarci su quale sia stato il ruolo di maestri e professori in questa improvvisa rivoluzione. Anch’essi, come i loro studenti, si sono trovati coinvolti in questa nuova dimensione dell’insegnamento, condividendone difficoltà e benefici. Ad aiutarci a fare un po’ di chiarezza sul tema sarà Marta, un’insegnante di sostegno, che ci offrirà il suo punto di vista sulla didattica a distanza.

Marta insegna presso una scuola media di una piccola cittadina vicino a Padova, seguendo principalmente ragazzi con disabilità e difficoltà cognitive. Per questi studenti l’impatto della DAD è stato difficoltoso, spesso in maggior misura che per i compagni.

Come hai vissuto i primi giorni di didattica a distanza?

“Quando la didattica a distanza è comparsa, noi insegnanti ci siamo sentiti disorientati… specie coloro che erano meno avvezzi all’utilizzo degli strumenti digitali. La maggior parte di noi si sono difatti dovuti approcciare a nuove funzionalità di computer e tablet senza alcuna formazione specifica. Questo ci ha obbligati a metterci in gioco in maniera repentina e spesso al pari dei ragazzi: un’immersione totale in questa nuova modalità d’insegnamento nella quale dovevamo mettere in pratica immediatamente ciò che imparavamo”.

“Spesso gli strumenti informatici e logistici a disposizione di studenti e insegnanti non erano adeguati: anche questo ha incrementato le difficoltà nel portare avanti le lezioni in maniera fluida e coerente”.

Qual’é stato l’impatto della DAD sui ragazzi che segui

“Le prime modalità di lezione in didattica a distanza erano strutturate come vere e proprie lezioni regolari, con le sole differenze di essere più brevi e seguite attraverso uno schermo. La difficoltà di concentrazione e la noia sono state tra le maggiori complicazioni, in quanto mancava completamente la possibilità di interagire come accade normalmente in classe. Ciò ha indubbiamente influito negativamente sull’apprendimento”.

“In particolar modo per gli studenti con difficoltà cognitive e disabilità, il grande problema era quello di riuscire a seguirli adeguatamente con la programmazione differenziata. La mancanza di tutto quell’aspetto relazionale che è alla base del sostegno, fatto di presenza fisica e di comunicazione non verbale, ha pesato molto su di loro.

Tuttavia, c’è anche chi ha vissuto piacevolmente questa modalità: c’è stato un senso generale di curiosità dettata dalla novità e dall’imparare a interagire con nuovi strumenti informatici, che in alcuni di loro ha avuto anche risvolti positivi”.

“La possibilità, introdotta in seguito, di fare lezione con classi virtuali composte da piccoli gruppi o dai singoli ragazzi con le famiglie, è stata utile a migliorare la qualità del lavoro, anche in questa fase. Resta il fatto che l’apertura delle scuole alla didattica in presenza per gli studenti in sostegno, durante l’ultimo lockdown pasquale, è stata accolta con grande entusiasmo da parte di tutti”.

Trovi che la didattica a distanza sia migliorata?

“Paragonandola agli inizi, la didattica a distanza ha fatto passi da gigante. Non solo: ha aiutato noi insegnanti a prendere coscienza delle potenzialità di questo metodo e alle possibilità di apprendimento da esso offerte ai ragazzi. Che grazie a questa esperienza hanno incrementato le loro competenze informatiche, utili anche per il loro futuro professionale”.

“E’ importante sottolineare però che la didattica a distanza, ora chiamata DDI (didattica digitale integrata), non può sostituire quella in presenza. Se inserita correttamente nel percorso di studi può essere comunque di grandissimo aiuto, giocando un ruolo positivo anche sulla formazione degli studenti con disabilità. Un esempio su tutti è quello dei ragazzi con disturbo dello spettro autistico, per i quali l’utilizzo di un computer come mezzo di comunicazione è straordinariamente utile nel superare quelle barriere emotive e relazionali che li circondano”.

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