La questione dei diritti delle donne del mondo e dell’emancipazione femminile continua ancora il suo incessante dibattito. Grandi passi sono stati fatti nell’arco di pochi decenni, ma ancora tanto rimane da fare per appianare le diseguaglianze tra uomo e donna, specie nei paesi più poveri del pianeta.
La lotta per l’emancipazione si compone di numerosi volti, che spesso donano la propria vita per un bene più grande. In prossimità della giornata internazionale per l’eliminazione della violenza sulle donne abbiamo scelto di farvi conoscere tre importanti eroine di questa causa.
Diritti delle donne nel mondo, il punto della situazione
Prendiamo come punto di riferimento della situazione attuale delle donne nel mondo l’Indice sulla Pace e sulla Sicurezza delle Donne (Women Peace and Security Index), elenco stillato dal Georgetown Institute for Women, Peace and Security con il supporto del Ministero norvegese degli affari esteri.
Grazie a questo studio è possibile avere una visione globale sulla questione e consultare il punteggio di ogni singolo paese del mondo basato su degli indicatori di inclusività, giustizia e sicurezza. Questo strumento è utile per farci un’idea della drammaticità della situazione attuale, ma anche delle grandi conquiste maturate nell’arco di pochi decenni grazie a una lotta incessante.
Consultando lo studio, si nota che i paesi del Nord Europa hanno dedicato maggiori energie a garantire l’uguaglianza di genere. Ad esempio la stessa Norvegia è stata ed è tutt’ora governata da una donna, Erna Solberg, e la Svezia attualmente ha il maggior numero di donne in posizioni manageriali di alto livello.
Grazie a discreti livelli di rappresentanza femminile nelle aziende private, pubbliche e in politica l’Italia si posiziona al 28esimo posto nel mondo, nonostante una donna non ha ancora avuto l’onere e l’onore di governarla.
Purtroppo in coda all’Indice sulla Pace e sulla Sicurezza delle Donne ci sono come spesso accade paesi svantaggiati dal punto di vista economico, politico e sociale, citandone solo alcuni: Yemen, Afghanistan e Pakistan. La scarsa considerazione che le donne godono in questi paesi ha delle conseguenze sociali importanti: non hanno diritto di voto, non posso accedere all’istruzione, sono spesso dipendenti dagli uomini per la propria sussistenza, … .
Nello Yemen la situazione è particolarmente tragica anche per l’aspetto di violenza contro le donne, che non viene recepita come tale e che spesso si avvalora di antichi retaggi culturali, rimanendo quindi perlopiù impunita.
Tre storie della lotta per i diritti delle donne del mondo
L’emancipazione della donna ha le sue eroine, che in ogni periodo della storia umana si ripresentano ciclicamente per poter dire “io non ci sto!” e non tacere su quella che è la repressione del genere femminile nel mondo. Donne forti, spesso madri, ricattabili e vittime di violenza per la loro lotta, ma che scelgono di non stare in silenzio, anche a costo del martirio per una causa più grande delle loro stesse vite.
Ecco dunque tre volti per i diritti delle donne nel mondo che tutti dovrebbero conoscere:
Marielle Franco
Marielle Franciso da Silva è stata un’attivista e politica brasiliana, uccisa nel 2018 a soli 38 anni. Appena eletta consigliera comunale di Rio de Janeiro, Marielle Franco ha iniziato a esporsi in difesa dei diritti delle donne ed anche dei giovani delle favelas e della comunità LGBT. La spinta a portare avanti la sua posizione è stata purtroppo data da una tragedia che l’ha vista coinvolta in prima persona: l’uccisione di una sua amica nei primi anni 2000′.
Marielle, ragazza-madre a soli 19 anni e cresciuta in una delle condizioni più povere e degradate del mondo industrializzato, si è laureata in scienze sociali con un master in pubblica amministrazione.
Oggi non si conoscono ancora gli assassini le cui modalità d’aggressione, simili a un agguato, non escludono il movente prettamente politico.
Atena Daemi
La 33enne Atena Daemi è un’attivista per i diritti civili iraniana e prigioniera politica, detenuta dal 2015 per azioni di protesta pacifiche contro la pena di morte in Iran. Condannata inizialmente a 14 anni di reclusione per propaganda anti-governativa con un processo di soli 15 minuti, la pena le è stata in seguito ridotta a 7 anni, salvo essere rinforzata da un’ulteriore sentenza arbitraria di altri 2 anni ai quali si sono aggiunte numerose frustate. Attualmente è ancora prigioniera, nonostante uno stato di salute precario e le carenze dettate dai numerosi scioperi della fame da essa tenuti.
Gulzar Duishenova
Gulzar Duishenova è un’attivista dei diritti delle donne e dei disabili del Kyrgyzstan. Vittima di disabilità nel 2002 in seguito a un incidente stradale, Gulzar ha visto stravolta la sua ordinaria vita di donna sposata, madre di due figli e mugnaia presso l’allevamento del marito.
La perdita dell’uso delle gambe e l’essere donna ha inciso doppiamente sull’essere considerata un cittadino di scarsa considerazione, e per la kirghisa questa è diventata l’occasione per sollevare il dibattito sullo scarso rispetto di entrambe le categorie nel suo paese.
Attualmente Gulzar si è fatta portavoce di numerose campagne di promozione dei diritti civili in Kyrgyzstan, ponendo particolare rilievo a progetti di abbattimento delle barriere architettoniche e all’inclusività delle donne disabili nella società kirghisa.
“Le rose della resistenza nascono dall’asfalto, siamo quelle che ricevono rose, ma siamo anche quelle che con il pugno chiuso parlano dei nostri luoghi di vita e resistenza contro gli ordini e soprusi che subiamo.” – Marielle Franco